I contesti del 7 ottobre
Il pogrom. La lettura geopolitica. L'occupazione israeliana dei territori palestinesi
Il 7 ottobre 2023, miliziani di Hamas, con il supporto di altri gruppi armati palestinesi, provenienti dalla Striscia di Gaza, penetrarono nel sud di Israele e uccisero 1200 persone fra civili e militari israeliani. Poi, rapirono 240 persone, per trattenerle in ostaggio nella Striscia di Gaza. Un tale attacco, per gravità e dimensione, era senza precedenti da parte palestinese. Più di un atto terroristico, fu un crimine di guerra. Molti analisti e commentatori, in genere di orientamento filoisraeliano, chiesero di condannare e basta. Senza comprendere e contestualizzare. Nel giorno del massacro, nei giorni del lutto, avevano ragione. Tuttavia, un tale atteggiamento, tenuto fermo nel tempo, offuscava la possibilità di capire. E faceva dell’attacco di Hamas la sola definizione del contesto. Che da lì in poi avrebbe giustificato la reazione israeliana contro Hamas nella Striscia di Gaza. Una reazione devastante per tutta la popolazione civile palestinese.
Data la necessità di capire il 7 ottobre, gli stessi analisti e commentatori filoisraeliani offrirono le loro contestualizzazioni dell’attacco di Hamas. Due in particolare.
La prima, immediata, consiste in una narrativa di vittimizzazione storica. L’attacco di Hamas lo definirono pogrom. Con ciò, lo inserivano nella storia delle persecuzioni antisemite. Pogrom è un termine russo che significa demolire, distruggere con atti violenti. La connotazione storica del termine si riferisce alle sommosse sanguinose contro gli ebrei, considerati capri espiatori del malcontento popolare, avvenute in Russia tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX, con la connivenza delle autorità. In senso estensivo, il termine significa violenta azione persecutoria nei confronti di una minoranza etnica o religiosa. L’attacco del 7 ottobre ha in comune con i pogrom l’identità etnico religiosa delle vittime, gli ebrei. Per il resto, l’attacco di Hamas è stato diverso da un pogrom, sia nella definizione specifica che in quella estensiva. Perché gli ebrei israeliani in Palestina non sono una minoranza oppressa, anzi sono il gruppo dominante. Neppure sono un capro espiatorio. In senso figurato, un capro espiatorio è chiunque sia eletto a responsabile di colpe collettive delle quali è innocente. Gli israeliani non sono innocenti nei confronti dei palestinesi. Le autorità politiche e militari israeliane, che sono della stessa etnia e religione delle vittime del 7 ottobre, non sono riuscite a difendere subito i propri cittadini, non per connivenza con gli assalitori, ma per impreparazione. Gli assalitori del 7 ottobre non erano una folla inferocita mossa dall’odio irrazionale, ma una milizia organizzata o più gruppi paramilitari, mossi da un piano politico militare. Quindi, definire pogrom il 7 ottobre risulta fuorviante. È stato un eccidio.
La seconda lettura è geopolitica. L’attacco di Hamas sarebbe stato una mossa dell’Iran contro gli accordi di Abramo tra Israele e Arabia Saudita. Poiché, l’Iran sarebbe alleato della Russia e della Cina, ciò avrebbe prefigurato un conflitto globale tra la democrazia (Stati Uniti, Europa, Israele) contro l’autocrazia (Russia, Cina, Iran). Quindi, noi democratici dovevamo stare dalla parte di Israele contro Hamas, estensione dell’Iran in Palestina. Tale lettura, che può avere la sua plausibilità, sebbene gli americani abbiano sempre detto non esistere prove del coinvolgimento dell’Iran nell’attacco del 7 ottobre, occulta del tutto la realtà del conflitto israelo-palestinese, in particolare la questione palestinese. Peraltro, Hamas è un alleato dell’Iran, senza essere la sua protesi. Tra i due l’alleanza è strumentale, perché Hamas è un’organizzazione sunnita, il regime dell’Iran è sciita. Le due correnti sono normalmente in conflitto nel mondo arabo musulmano.
Se consideriamo il conflitto israelo-palestinese, osserviamo tre situazioni.
L’assedio israeliano di Gaza, iniziato nel 2007, quando Hamas prese il governo della Striscia. L’assedio, nel controllo di confini, cielo e mare, ha limitato l’ingresso di beni essenziali come cibo, acqua, elettricità, rendendo Gaza una prigione a cielo aperto, secondo la definizione di Human Rights Watch. Nel centellinare l’accesso dei beni alimentari, Israele è arrivato a calcolare le calorie necessarie per mantenere ogni abitante della Striscia al limite della malnutrizione. L’assedio è diventato blocco totale dopo il 7 ottobre.
L’occupazione israeliana della Cisgiordania dal 1967, subito dopo la guerra dei sei giorni. In questa occupazione, Israele esercita il controllo militare sulla vita dei palestinesi. Limita la libertà di movimento, il lavoro, l’istruzione, l’accesso ai beni essenziali. Israele, su terre palestinesi espropriate, costruisce ed espande insediamenti colonici, considerati illegali dalla Comunità Internazionale. Negli ultimi anni, Israele ha accelerato l'approvazione di nuovi insediamenti e la designazione di terreni statali per uso coloniale. Questa pratica ha generato sfollamenti forzati, demolizioni di abitazioni palestinesi, restrizioni all'accesso a risorse naturali come acqua e terra agricola e minacce alla sicurezza dei palestinesi.
La detenzione amministrativa dei prigionieri palestinesi. I palestinesi dei Territori occupati possono essere arrestati senza accusa, essere trattenuti nelle prigioni israeliane, per mesi e anni, privati del diritto alla difesa. Le condizioni di detenzione possono implicare torture fisiche e psicologiche, maltrattamenti e isolamento, abusi durante gli interrogatori, privazione del sonno, uso della violenza fisica e sessuale. Tali condizioni di detenzione riguardano anche minori e bambini palestinesi. Dal 1967, sono stati detenuti un milione di palestinesi, tra cui 23 mila donne e 25 mila minori. Nel 2023, risultavano prigionieri 7 mila persone, tra cui 200 minori.
Le condizioni di vita in cui gli israeliani costringono i palestinesi hanno generato un conflitto a bassa intensità, che dal 2008 al 2023, ha provocato la morte di 308 israeliani e 6.407 palestinesi. In questa scia di sangue, si colloca l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Dall’eccidio di Hamas, nella sproporzionata reazione israeliana, la scia di sangue è diventata un’alluvione, che dura ormai da un anno e di cui non si vede la conclusione. Anzi, se ne prevede il dilagare in una guerra ancora più grande, che già travolge la Cisgiordania e il Libano.