Albania e paesi sicuri
Il conflitto globale tra il diritto d'asilo e le politiche di respingimento
Giorgia Meloni rappresenta l’impedimento al trasferimento dei migranti in Albania come un episodio del conflitto italiano tra politica e magistratura. Una rappresentazione impostata dalla destra in termini vittimistici fin dai tempi della discesa in campo di Silvio Berlusconi. Dicendo all'incirca così: le toghe politicizzate in accordo con la sinistra agiscono per contrastare l'avversario, non con le armi della politica, ma con armi giudiziarie. Questa impostazione, truccata con gli argomenti del garantismo e del primato della politica, è sempre stata viziata dalla pretesa di impunità. O dal volersi porre al di sopra della legge. Come nel caso della gestione dei migranti, dove le garanzie dei richiedenti asilo vengono azzerate. Tuttavia, quest'ultima è una controversia globale. In tutto il mondo, le politiche xenofobe si scontrano con il diritto umanitario, che trova a rappresentarlo un magistrato, un tribunale, una corte di giustizia.
In America e in Europa
Negli Stati Uniti, i tribunali sono intervenuti diverse volte, sotto le amministrazioni di Trump e Biden, per proteggere i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Per esempio, nel marzo del 2022, una corte di appello federale ha confermato l'autorità del governo di espellere i migranti sulla base di una ordinanza sanitaria, detta del Titolo 42, decisa da Trump e mantenuta da Biden, volta a limitare la diffusione del Covid-19. Ma, nello stesso tempo, la Corte ha impedito di espellere famiglie di migranti verso paesi dove potevano rischiare di essere perseguitati o torturati. Infatti, i migranti trattati ai sensi del Titolo 42 venivano rapidamente espulsi in Messico o inseriti su voli di deportazione verso i loro paesi d'origine senza che gli fosse permesso di richiedere rifugio umanitario negli Stati Uniti davanti a un funzionario per l'asilo o a un giudice dell'immigrazione.
I tribunali statunitensi saranno chiamati a pronunciarsi sulle restrizioni all’ingresso dei migranti dal Messico. Una misura decisa da Biden, nel giugno 2024, affinché gli ingressi scendano al di sotto dei 2500 giornalieri. Ma, l'American Civil Liberties Union (ACLU), e altri gruppi per i diritti civili e per i diritti umani, hanno annunciato di voler fare causa contro l'amministrazione.
Intanto, il 23 ottobre 2024, in California, la Corte d’Appello del Nono Circuito, che ha giurisdizione su nove stati e due territori, la più grande e popolosa degli Stati Uniti, ha confermato la sentenza di un tribunale, che riteneva illegali i respingimenti sistematici di persone richiedenti asilo al confine con il Messico.
In Europa, numerosi procedimenti legali sono stati avviati contro l'accordo tra l'Unione Europea e la Turchia riguardante la detenzione dei migranti, in particolare per quanto riguarda la sua attuazione e le implicazioni sui diritti umani. Questo accordo, siglato il 18 marzo 2016, mirava a ridurre il numero di migranti che attraversano il Mar Mediterraneo dalla Turchia alla Grecia e a rimpatriare tutti i nuovi migranti irregolari dalla Grecia alla Turchia, quindi a ricollocare un rifugiato siriano per ogni migrante rimpatriato. Il Dier Spiegel ha documentato che la Turchia ha obbligato molti profughi a firmare documenti di rimpatrio volontario proprio in Siria.
Altre sentenze della magistratura in difesa del diritto d’asilo e per il rispetto delle leggi della UE si sono avute in Grecia contro gli sforzi del governo di respingere i migranti alla frontiera e snellire le procedure d’asilo. Lo stesso è avvenuto in Polonia, per le denunce delle ONG contro le politiche governative che bloccano i migranti al confine con la Bielorussia. Persino, in Ungheria la Corte Costituzionale si è pronunciata contro la pratica del governo di detenere i richiedenti asilo nelle zone di transito, affermando che ciò viola il diritto dell'UE e gli obblighi internazionali.
Il Regno Unito e il Rwanda
Il caso più simile al nostro è quello del Migration and Economic Development Partnership. Un accordo dell’aprile 2022 tra la Gran Bretagna e il Rwanda, annunciato dall’allora primo ministro conservatore Boris Johnson. I migranti identificati come illegali o richiedenti asilo nel Regno Unito potevano essere trasferiti in Rwanda per la valutazione delle loro domande di asilo. Coloro che avessero ottenuto lo status di rifugiato avrebbero potuto rimanere in Rwanda, senza il diritto a tornare nel Regno Unito. Il Regno Unito si impegnava a investire un totale di 120 milioni di sterline in un fondo per lo sviluppo economico del Rwanda e a coprire i costi di trasferimento e sistemazione dei migranti, stimati tra 20.000 e 30.000 sterline per persona.
Ma, Il 15 novembre 2023, la Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito all’unanimità che il Rwanda non è un paese terzo sicuro per il trasferimento dei richiedenti asilo dal Regno Unito. I diritti umani in Rwanda sono inficiati dalle esecuzioni extragiudiziali, la tortura e le restrizioni alle libertà politiche. Le persone inviate in Rwanda avrebbero corso il rischio reale di essere rimpatriate nei loro paesi d'origine, dove potevano subire maltrattamenti.
Per rispondere alla sentenza della Corte Suprema, il governo conservatore di Rishi Sunak ha introdotto il Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill. Una legislazione d’emergenza che dichiara il Rwanda un paese sicuro per la deportazione dei richiedenti asilo e limita la facoltà dei tribunali britannici di esaminare le richieste relative alla sicurezza del paese africano. Tuttavia, il piano non ha avuto seguito, perché il 4 luglio 2024, i conservatori hanno perso le elezioni politiche e il nuovo governo laburista di Keir Starmer ha accantonato il Migration and Economic Development Partnership, reputandolo inefficace e costoso.
Tuttavia, dopo aver messo da parte il piano rwandese del Regno Unito, Keir Starmer si è mostrato interessato al piano albanese dell’Italia. Il secondo può dirsi una versione moderata del primo. Mentre i migranti trasferiti in Rwanda non avrebbero avuto alcuna possibilità di tornare in Gran Bretagna, indipendentemente dall’esito della domanda d’asilo, i migranti trasferiti in Albania possono tornare in Italia se la loro domanda d’asilo è accolta.
La differenza è più teorica che pratica, perché secondo il governo italiano, tra i migranti salvati in mare da navi italiane, quelli scelti per essere trasferiti in Albania provengono da paesi sicuri, quindi gli spetta una procedura accelerata per la valutazione della domanda d’asilo, da sbrigare in 28 giorni. Se la domanda è respinta, come è probabile, il richiedente asilo può fare ricorso, ma intanto è rimpatriato nel suo paese sicuro. La collocazione nei centri di detenzione albanesi rende più difficile ai migranti l’accesso all’assistenza legale italiana, quindi anche alla possibilità di fare ricorso.
I paesi di origine sicuri
I paesi di origine sicuri sarebbero quegli stati extracomunitari nei quali non sussisterebbero condizioni di persecuzione, tortura, trattamenti inumani nei confronti dei cittadini. L’elenco è aggiornato dal governo ogni anno e quest’anno il governo lo ha aggiornato includendo Albania, Bangladesh ed Egitto. L’Albania è il paese che deve ospitare i nostri due centri di detenzione per migranti. Il Bangladesh e l’Egitto sono i paesi di provenienza il cui incremento di migranti è stato più forte. 23mila persone in arrivo dal Bangladesh +58% rispetto all’anno precedente, di cui 5mila mediante sbarchi. 17mila provenienti dall’Egitto +110%. Se aumentano i migranti provenienti da un dato paese, questo dovrebbe indicare che qualcosa in quel paese non va. Invece, al nostro governo indica che bisogna dichiarare quel paese sicuro sulla carta in modo da potergli rimandare i migranti indietro.
Il rapporto di Amnesty International sul Bangladesh è preoccupante.
Le autorità hanno intensificato la repressione contro giornalisti, attivisti e critici del governo, utilizzando il Digital Security Act per arrestare e detenere arbitrariamente individui accusati di pubblicare informazioni "false" o "offensive". Nel 2022, almeno 433 persone sono state incarcerate sotto questo atto, con un aumento del 21% rispetto all'anno precedente. Il rapporto documenta almeno 80 casi di esecuzioni extragiudiziali e 18 sparizioni forzate nei primi nove mesi dell'anno. Le forze di sicurezza hanno giustificato molte di queste uccisioni come “autodifesa”, mentre il governo ha continuato a negare l'esistenza di sparizioni forzate.
Il rapporto segnala un aumento della violenza politica, con oltre 157 persone uccise e più di 10.000 ferite in incidenti legati a scontri tra gruppi politici. Le autorità hanno impedito le manifestazioni dell'opposizione e arrestato numerosi leader politici.
Circa un milione di rifugiati Rohingya in Bangladesh affrontano crescenti restrizioni e condizioni precarie. Le autorità hanno trasferito migliaia di rifugiati su un'isola remota, Bhashan Char, dove le condizioni di vita sono critiche e l'accesso ai servizi è limitato.
Nonostante le denunce di torture e maltrattamenti, le autorità non hanno intrapreso azioni significative per garantire la responsabilità dei membri delle forze di sicurezza coinvolti in violazioni dei diritti umani.
Secondo Amnesty International le cose non vanno meglio in Egitto.
Le autorità egiziane hanno continuato a reprimere severamente la libertà di espressione, con migliaia di critici del governo arbitrariamente detenuti o ingiustamente perseguitati. Durante il 2023, sono stati arrestati oltre 2.500 sospetti critici e almeno 137 sostenitori di oppositori politici sono stati arrestati in relazione alle elezioni presidenziali.
Il rapporto documenta casi di sparizioni forzate e torture diffuse, con le forze di sicurezza che spesso non rispondono delle loro azioni. Le condizioni detentive sono state descritte come orribili, con pratiche come la detenzione in isolamento prolungato e la negazione dell'assistenza sanitaria.
Donne, ragazze, minoranze religiose e persone LGBTQ+ hanno subito discriminazioni e violenze. Le autorità hanno lasciato le vittime senza protezione.
I processi politici sono stati caratterizzati da gravi irregolarità, con sentenze emesse dopo processi non equi. Le condanne a morte sono state emesse dopo processi definiti grotteschi e senza garanzie di un giusto processo.
La crisi economica ha aggravato le violazioni dei diritti economici e sociali, con il governo che non ha protetto i lavoratori da licenziamenti ingiustificati. Inoltre, le espulsioni forzate da insediamenti informali sono continuate, colpendo migliaia di persone.
Le autorità egiziane hanno arbitrariamente detenuto rifugiati e richiedenti asilo per ingresso o permanenza irregolare nel paese, spesso senza consentire loro di accedere a procedure di asilo.
C’è materia sufficiente per considerare indebita l’inclusione del Bangladesh e dell’Egitto nell’elenco dei paesi di origine sicuri stabilito dal governo italiano. Ma seppure si trattasse, invece, di paesi generalmente sicuri, ciò non giustificherebbe procedure d’asilo sommarie, per le persone che da quei paesi provengono. Un rifugiato moldavo, espulso dalla Repubblica Ceca, perché il governo considera sicura la Moldavia è riuscito a fare ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha accolto il ricorso. Il 4 ottobre 2024, la CGUE ha chiarito che la designazione di un Paese come "sicuro" deve essere applicata uniformemente su tutto il suo territorio e non può escludere aree specifiche dove potrebbero verificarsi violazioni dei diritti umani (In Moldavia esiste la Transnistria, non riconosciuta dalla Comunità internazionale). Questo principio è fondamentale per garantire che i richiedenti asilo possano ricevere una protezione adeguata.
Sulla base della sentenza della CGUE, il 18 ottobre 2024, il Tribunale Civile di Roma non ha convalidato il trasferimento di 12 migranti in Albania, che sono dovuti essere riportati in Italia, dopo che altri quattro erano già stati riportati, perché identificati come vulnerabili in Albania. Il governo ha quindi pensato di aggirare la mancata convalida del Tribunale di Roma, elevando l’elenco dei paesi sicuri da circolare ministeriale a decreto. Poi, per aggirare il dibattito parlamentare, a emendamento al decreto flussi. Tuttavia, per correre meno rischi, il governo ha scremato dall’elenco dei paesi sicuri Colombia, Camerun e Nigeria.
Ora i tribunali italiani dovranno applicare il decreto governativo sui paesi di origine sicuri, anche se lo reputano in contrasto con la normativa europea? Il Tribunale di Bologna, in conseguenza di un ricorso presentato da un rifugiato del Bangladesh, lo ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con riferimento alla Direttiva 2013/32/UE e alla sentenza della stessa CGUE del 4 ottobre 2024. Nel rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea riguardo all'interpretazione delle condizioni necessarie per designare un Paese come "sicuro", il Tribunale di Bologna scrive:
Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista. Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i Paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica.
Il governo italiano non vuole aspettare il pronunciamento della CGUE e da lunedì 4 novembre le navi italiane torneranno a riportare i migranti in Albania. A Shengjin per l’identificazione. Poi a Gjader per il rimpatrio.
L’Albania
Oltre la definizione dei paesi sicuri, i problemi dell’accordo Italia-Albania, riguardano il prolungamento della permanenza in mare dei migranti salvati; l’identificazione e la selezione delle persone vulnerabili; la detenzione automatica, l’accesso all’assistenza legale; il controllo delle condizioni igienico-sanitarie dei centri e il sovraffollamento.
Va ricordato che nella stessa Albania, il governo di Edi Rama ha dovuto superare un conflitto con le opposizioni e con la Corte Costituzionale, per poter approvare definitivamente l’accordo con il governo italiano. L’accordo Italia-Albania, siglato nel novembre 2023, per gestire i migranti salvati da navi italiane in due centri di detenzione albanesi sotto giurisdizione italiana, è stato prima sospeso dalla Corte Costituzionale albanese, a seguito del ricorso di trenta deputati albanesi, poi approvato a fine gennaio 2024, con cinque voti a favore contro quattro. Il parlamento albanese, pochi giorni prima, ha approvato l’accordo con 155 voti a favore contro 115. Le principali obiezioni all’accordo riguardano il rispetto dei diritti umani e la cessione di sovranità territoriale dell’Albania all’Italia.
Un futuro mutamento degli equilibri politici in Albania potrebbe mettere in discussione l’accordo o aumentare il prezzo di una operazione già molto costosa. D’altra parte, l’Italia ha promesso all’Albania di sostenere la sua candidatura di adesione all’Unione Europea. Qualora, l’Albania entrasse nell’UE, obiettivo proposto per il 2030, ne risulterebbe neutralizzata la gestione esternalizzata dei migranti, poiché i migranti trasferiti in Albania si ritroverebbero di nuovo all’interno dei confini europei, quindi dentro il quadro giuridico europeo.