Israele e il fronte del diritto internazionale
L'accusa di genocidio. I mandati di arresto internazionale. L'ordine di mettere fine all'occupazione dei Territori palestinesi
Nel suo ultimo discorso all’Assemblea generale dell’ONU, Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, ha dichiarato di avere sette fronti di guerra. Gaza, Cisgiordania, Libano, Iraq, Siria, Yemen, Iran. Riassunti nel fronte dell’asse del male, contro cui ha promesso una vittoria totale. Di fronti, ne ha almeno un altro, da lui attaccato con insulti molto duri. L’eterno fronte del diritto internazionale.
La legittimità iniziale dello Stato d’Israele è spesso associata alla risoluzione 181/1947 dell’Assemblea generale dell’ONU, che raccomandava la spartizione della Palestina mandataria in uno stato ebraico e in uno stato arabo. Ciò nonostante, nella sua storia, lo stato d’Israele ha sempre mantenuto un rapporto contrastante con il diritto internazionale.
Tant’è che il leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) Yasser Arafat, quando nel 1988 fece il tentativo di avviare il processo di pace, espresse la sua intenzione di riconoscere lo stato d’Israele, con una formula indiretta, che alludeva alle tante deliberazioni delle Nazioni Unite disattese da Israele. Disse di voler riconoscere tutte le risoluzioni dell’ONU. Compresa la prima, la 181/1947 su cui si fondava lo stato ebraico, quindi tutte le risoluzioni relative al conflitto israelo-palestinese.
Risoluzioni che Israele tuttora non rispetta. Perché continua a:
impedire la formazione dello stato palestinese (181/1947; 67/19/2012)
negare il diritto al ritorno dei profughi palestinesi (194/1948; 242/1967; 3236/1974)
occupare militarmente i territori palestinesi, costruirvi ed espandervi insediamenti colonici (242/1967; 338/1973; 2334/2016)
appropriarsi dell’intera Gerusalemme come capitale del proprio stato (242/1967; 338/1973; 478/1980)
violare i diritti umani dei palestinesi (194/1948; 242/1967)
Nel 2023-2024, l’anno della guerra di Gaza in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre, Israele ha aggravato la sua posizione nei confronti del diritto internazionale. In modi offensivi, con la criminalizzazione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente (Unrwa). E in modi che hanno messo Israele sulla difensiva.
La causa per genocidio
Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha denunciato Israele alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG), con l’accusa di genocidio nei confronti dei palestinesi di Gaza. In particolare il Sudafrica ha accusato il modello di condotta genocida adottato da Israele e basato su attacchi militari in larga scala, che hanno provocato un elevato numero di vittime civile, tra cui molti bambini, inclusi i neonati, e la distruzione di molte infrastrutture vitali, sottoponendo la popolazione a condizioni di vita insostenibili. Alla causa del Sudafrica si sono associati il Brasile e la Colombia. In risposta alla denuncia del Sudafrica, il 26 gennaio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha riconosciuto la propria giurisdizione sulla causa ed ha affermato che i palestinesi possono essere riconosciuti come un gruppo protetto dalla Convenzione sul genocidio, quindi ha emesso una storica ordinanza con la quale ordina a Israele di prevenire atti di genocidio a Gaza e consentire l’accesso degli aiuti umanitari. Israele ha respinto le accuse e dichiarato che non si sentirà vincolato da eventuali sentenze sfavorevoli, tuttavia ha accettato di difendersi nel procedimento invece di boicottarlo. La Corte internazionale di Giustizia potrà impiegare anni prima di stabilire se Israele stia commettendo un genocidio a Gaza, ma il solo fatto che abbia accolto la causa rende plausibile l’accusa di genocidio contro Israele.
I mandati di arresto internazionale
Il 20 maggio 2024, il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI), Karim Khan, ha presentato una richiesta di mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e tre leader di Hamas: Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh. Questi leader sono accusati di crimini di guerra e contro l'umanità in relazione al conflitto in corso nella Striscia di Gaza. In particolare, i leader di Hamas sono accusati di omicidio, cattura di ostaggi, stupri e torture. Accuse relative alle violenze avvenute dopo l'attacco terroristico del 7 ottobre 2023. I leader israeliani: Netanyahu e Gallant sono accusati di aver ridotto deliberatamente i civili palestinesi alla fame, di omicidio volontario e sterminio. Azioni considerate parte di un'offensiva sistematica contro la popolazione civile della Striscia di Gaza. Entrambi le parti hanno rifiutato l’una di essere equiparata all’altra. Tuttavia, il diritto valuta i comportamenti e le loro conseguenze, non i ruoli e le identità degli autori. Due dei tre leader di Hamas, Mohammed Deif a Khan Yunis il 13 luglio 2024 e Ismail Haniyeh a Teheran il 31 luglio 2024, sono stati uccisi da Israele. Yahya Sinwar è ancora nascosto e probabilmente braccato nei tunnel di Gaza. Gli omicidi extragiudiziali, definiti come uccisioni deliberate di individui senza un processo legale, costituiscono anch’esse una violazione del diritto internazionale.
L’ordine di mettere fine all’occupazione
Il 18 settembre 2024, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione storica che chiede la fine dell'occupazione israeliana dei territori palestinesi entro dodici mesi. Questa decisione è stata presa in risposta a un parere della Corte Internazionale di Giustizia (CIG), che ha dichiarato l'occupazione israeliana illegale. La risoluzione ordina a Israele di ritirare le sue forze e evacuare i coloni dai territori occupati. Inoltre, esorta gli Stati membri a vietare le importazioni di beni prodotti negli insediamenti israeliani e a sospendere le forniture di armi a Israele se c'è il ragionevole dubbio che possano essere utilizzate nei territori palestinesi. La comunità internazionale è chiamata a monitorare l'attuazione della risoluzione e a garantire che gli obblighi legali di Israele siano rispettati.
Al momento, nessuno di questi procedimenti e pronunciamenti ha mostrato di riuscire a correggere o arginare la condotta del governo e dell’esercito israeliano, anche perché Israele continua a usufruire dell’appoggio materiale e della sostanziale copertura diplomatica degli Stati Uniti e dell’Europa, seppure con il condimento di dichiarazioni critiche ed esortazioni al rispetto del diritto internazionale.
L’invasione del Libano
Israele, oltre a non moderarsi, allarga il conflitto a cominciare dal fronte libanese, con la reazione al lancio di razzi di Hezbollah sul nord di Israele, in appoggio ad Hamas, che ha provocato 60 mila sfollamenti tra gli israeliani. La stessa milizia sciita, quando si posiziona oltre il fiume Litani, nel Libano del sud, è in violazione della risoluzione ONU 1701/2006. Così, a settembre, da Israele sono partiti i raid per gli omicidi extragiudiziali in Libano, per decimare la leadership di Hezbollah, con ampio contorno di morti e feriti civili. Mille e duecento morti in un mese. Cinquecento vittime solo per uccidere Hassan Nasrallah, tremila feriti, accecati, mutilati, per l’esplosione dei cercapersone. Poi, le incursioni limitate oltre confine in territorio libanese, per tentare l’invasione, gli ordini di sfollamento per un quarto degli abitanti, gli attacchi alla missione Unifil, i caschi blu dell’ONU, nel Libano meridionale. Una offensiva militare preceduta da un violento attacco verbale contro l’Assemblea generale dell’ONU, definita «sprezzante farsa» e «palude antisemita»; la sanzione contro il suo segretario generale, Antonio Guterres, definito «persona non grata» in Israele.
La posizione di Israele nei confronti del diritto internazionale è imbarazzante per l’Occidente, che si propone nei confronti del resto del mondo come promotore e garante di un ordine mondiale fondato sulle regole, mentre permette al suo alleato in Medio Oriente di violare ogni regola. L’effetto è demolitorio nei confronti dello stesso ordine mondiale fondato sulle regole.
In effetti, uomini di mondo, in genere esperti di geopolitica, si compiacciono nel parlare del diritto internazionale come di una bazzecola che ovviamente non conta nulla di fronte alla realtà dei rapporti di forza. Tuttavia, le fonti del diritto internazionale sono l’unica opportunità per creare un mondo meno barbarico fondato sulla civile convivenza, capace di regolare le sue controversie con la politica e la diplomazia invece delle armi. Gli stessi guerrafondai sentono il bisogno del diritto, poiché cercano sempre di costruirsi una copertura legale.
Se e quando si vorrà e si riuscirà a fermare le guerre di Israele, questo avverrà mediante procedure di diritto, che porteranno a una decisione sancita da una risoluzione dell’ONU.